Giuro che lo farò
E oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò
Quando la donna cannone
D’oro e d’argento diventerà
Senza passare dalla stazione
L’ultimo treno prenderà
Dalle porte della notte il giorno si bloccherà
Un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà
E dalla bocca del cannone una canzone suonerà
E senza dire parole nel mio cuore ti porterò
E non avrò paura se non sarò bella come dici tu
Ma voleremo in cielo in carne ed ossa
Non torneremo più
Na na na na na na
E senza ali e senza rete voleremo via
Quell’enorme mistero volò
Tutta sola verso un cielo nero nero s’incamminò
Tutti chiusero gli occhi nell’attimo esatto in cui sparì
Altri giurarono e spergiurarono che non erano stati lì
E senza dire parole nel mio cuore ti porterò
E non avrò paura se non sarò bella come vuoi tu
Ma voleremo in cielo in carne ed ossa
Non torneremo più
Na na na na na na
E senza ali e senza rete voleremo via
SIAMO AGLI INIZI DEL NOVECENTO, IN UNO DI QUEI CAPANNONI DESTINATI AI CIRCENSI. IN UNO DI QUEGLI ATTIMI MORTI, MENTRE LA GENTE VA VIA DAL CIRCO, MENTRE GLI ARTISTI RIPOSANO LE STANCHE MEMBRA, DUE OCCHI SI INCROCIANO.. DUE ANIME SENTONO DI DOVERSI AMARE.. MA LA REGOLA LO VIETA. NON AVREBBERO POTUTO ESAUDIRE IL LORO PURO DESIDERIO DI CONDIVIDERE LE PROPRIE EMOZIONI CON L’ALTRO PERCHÉ “LE REGOLE DEL CIRCO” NON CONSENTIVANO. COSÌ LA DONNA CANNONE, QUELL’ENORME MISTERO, VOLÒ..
Una notizia a metà fra la sociologia e il folklore, ma che colpì De Gregori soprattutto per la disumanità delle regole circensi, così avide di rispetto per la fragilità di quell’anima ‘inesplosa’. Così, immedesimandosi nel ruolo di quella donna/oggetto, sfruttata unicamente per fini spettacolari, decise di darle voce attraverso un suo componimento.
Nella canzone la protagonista è proprio lei, che racconta in prima persona il desiderio d’amore inespresso, la voglia di normalità, la necessità della fuga, lontano dagli stereotipi di chi si prende gioco della diversità umiliandola fino all’inverosimile, senza il minimo riguardo per l’anima di chi subisce assurde negazioni e subdole offese.
Il testo si apre con l’immagine di un cuore che vuole superare le barriere in cui è costretto per raggiungere le stelle. “E in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà”, è l’ultima possibilità per liberarsi, un viaggio con l’ultimo treno preso senza passare per nessuna stazione, sorvolando i binari della cattiveria e del disprezzo.
Un viaggio verso un cielo nero, che rappresenta l’ignoto, una direzione incerta, ma meno temibile della realtà quotidiana fatta di certezze amare e di sofferenze inconfessabili.
Il ritornello dall’apparente lieto fine, in realtà nasconde in sé il mistero di un viaggio senza ritorno. Il binomio amore/morte sembra celarsi prepotente nell’impossibilità del rientro, nelle ali spezzate in volo.
Ma non ci sono più timori a frenare l’ascesa, e il senso di colpa dovuto alle insicurezze estetiche cede il posto a una sicurezza sentimentale che finalmente ha il diritto di esistere. Un amore silenzioso, quasi trasparente, che basta a se stesso nonostante la corporeità che lo identifica. Non più barriere e pregiudizi, ma solo due mani e due cuori che si uniscono fino a toccare il cielo.