Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere (Bertolt Brecht)

Musica

Stabat Mater (Giovanni Battista Pergolesi)

Pietà, 1876. William-Adolphe Bouguereau

 

Lo Stabat Mater è una composizione sacra di Giovanni Battista Pergolesi.

La composizione dello Stabat Mater fu commissionata a Pergolesi probabilmente nel 1734, dalla laica confraternita napoletana dei Cavalieri della Vergine dei Dolori di San Luigi al Palazzo, per officiare alla liturgia della Settimana Santa. Essa avrebbe dovuto sostituire la precedente versione di Alessandro Scarlatti, commissionata dalla medesima confraternita vent’anni prima.

Nella stesura Pergolesi si mantenne fedele in linea di principio con l’esperienza di Scarlatti: simile è la strumentazione per archi e basso continuo, inalterata la presenza nelle parti solistiche delle due sole voci di soprano e contralto. Entrambi i compositori suddividono la sequenza in una serie di duetti ed arie solistiche, così come era di prassi nel XVIII secolo: i numeri musicali infatti sono 12 per Pergolesi e ben 18 per Scarlatti. Ciò indica quanto la versione pergolesiana sia più breve e più concisa rispetto alla precedente: infatti, considerando l’intera sequenza composta da 20 stanze, il rapporto fra i diciotto numeri musicali di Scarlatti è quasi di un numero per stanza. Il lavoro di Pergolesi quindi è più compatto, ma al contempo non rinuncia alla struttura tradizionale così accentuata in quello precedente, nonostante le concezioni armoniche e melodiche risultino innovative ed al passo con le tendenze della musica di scuola napoletana ed europea. In effetti, può essere stata questa la ragione che spinse la confraternita a sostituire il lavoro di Scarlatti con una composizione “alla moda”.

Le innovazioni nel campo della musica sacra, sebbene incontrino maggior difficoltà ad attecchire rispetto a quelle di altri generi, trovano invece una unitaria compostezza nello Stabat Mater di Pergolesi: ciò avviene da un punto di vista stilistico grazie all’approdo ad una prospettiva più squisitamente sentimentale (Teoria degli affetti), incentrata sul pathos del testo sacro e, da un punto di vista tecnico-compositivo, grazie all’alleggerimento degli austeri toni presenti nella versione scarlattiana. Ciò non implica un completo abbandono delle forme tipiche della tradizione sacra – presente per esempio nei richiami arcaicizzanti di alcuni passaggi del “Fac, ut ardeat cor meum” – ma esse si compendiano in un perfetto bilanciamento con i drammatici trilli del “Cujus animam gementem” o nell’interpretazione dei toni dell’anima con il “Fac me vere tecum flere“.

Tali caratteristiche, fanno di questo lavoro uno dei più importanti esempi della musica italiana del ‘700.

Lo Stabat Mater ha sempre goduto di una certa notorietà. Molti musicisti si ispirarono ad esso in alcune loro composizioni, quali ad esempio Giovanni Gualberto Brunetti, Camillo De Nardis e Giovanni Paisiello. Johann Sebastian Bach nella sua cantata Tilge, Höchster, meine Sünden (BWV 1083) utilizzò la musica dello Stabat Mater di Pergolesi con piccole modifiche di strumentazione e portando l’Amen finale nel modo maggiore e la adattò al testo del Salmo 51. Joseph Eybler, amico di Mozart e maestro di cappella a Vienna, sostituì alcuni duetti ed ampliò l’orchestra in un suo riadattamento.

È suddiviso in dodici numeri:

  1. Duetto “Stabat Mater dolorosa”
  2. Aria per soprano “Cuius animam gementem”
  3. Duetto “O quam tristis et afflicta”
  4. Aria per contralto “Quae moerebat et dolebat”
  5. Duetto “Quis est homo, qui non fleret”
  6. Aria per soprano “Vidit suum dulcem natum”
  7. Aria per contralto “Eja, Mater, fons amoris”
  8. Duetto “Fac, ut ardeat cor meum”
  9. Duetto “Sancta Mater, istud agas”
  10. Aria per contralto “Fac, ut portem Christi mortem”
  11. Duetto “Inflammatus et accensus”
  12. Duetto “Quando corpus morietur”

    Giovanni Bellini, Pietà, particolare, 1455-1460, tempera su tavola, Pinacoteca di Brera, Milano