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Arte, Arte antica

La Venere di Milo

La “Venere di Milo”. Fine II secolo. Parigi, Museo del Louvre

L’Afrodite di Milo, meglio conosciuta come Venere di Milo, è una delle più celebri statue greche.

Si tratta di una scultura di marmo pario alta 202 cm priva delle braccia e del basamento originale ed è conservata al Museo del Louvre di Parigi.

Venne ritrovata spezzata in due parti nel 1820 sull’isola greca di Milo da un contadino chiamato Yorgos Kentrotas. Kentrotas nascose l’opera la quale fu poi tuttavia sequestrata da alcuni ufficiali turchi. Un ufficiale della marina francese, Olivier Voutier, ne riconobbe il pregio e, grazie alla mediazione di Jules Dumont d’Urville e del Marchese di Rivière, ambasciatore francese presso gli ottomani, riuscì a concluderne l’acquisto. Dopo alcuni interventi di restauro, la Venere di Milo fu presentata al re Luigi XVIII nel 1821 e collocata al museo del Louvre, dove è tuttora conservata.

L’elevazione del piede sinistro crea un effetto diverso sul ritmo, e il grande moto ondulatorio che percorre la statua non si ritrova in alcun prototipo; se la gamba sinistra, per accompagnare il movimento del panneggio, si inclina verso il lato destro, mentre il torso ruota leggermente in senso inverso, questa divergenza è così felicemente misurata che la sinuosità del contorno, contenuta nella geometria delle proporzioni, sfugge ad ogni deviazione barocca per trattenere soltanto una sano naturalismo e la pienezza di una forma viva, osservata e giustamente interpretata. Questo capolavoro di misura e di buon gusto, classico nel migliore senso del termine, è, senza dubbio, della stessa mano che ha scolpito lo pseudo-Inopo del Louvre (i profili si assomigliano in modo straordinario) e si è tentati di riconoscere nel preteso “Inopo” la parte superiore di una statua-ritratto di Mitridate VI Eupatore, re del Ponto dal 120 al 63 a.C.

Torso detto “dell’Inopo” (profilo). Intorno al 100. Parigi, Museo del Louvre

Un’ opera come la Venere di Milo e la sua collocazione temporale fanno riflettere sulla difficoltà di studio che pone allo storico dell’arte, fino alla sua ultima fase, un periodo intorno al quale le fonti letterarie sono laconiche  e in cui, nonostante i suoi ritrovamenti di firme, è quasi impossibile ricostruire gli sviluppi della carriera degli artisti.

Nella media cultura moderna ha rappresentato e simboleggiato la bellezza femminile quale era intesa nel mondo classico. Le proporzioni della Venere di Milo sono state anche assunte come base per concorsi di bellezza dei giorni nostri. Sino alla prima metà del sec. XIX rappresentante della bellezza femminile antica era stata la Venere Capitolina, sulla quale la Venere di Milo ha, fra gli altri, il vantaggio di essere un originale di arte greca e non una copia di età romana.