Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere (Bertolt Brecht)

Cultura

Italo Calvino a Elsa De Giorgi

Italo Calvino a Elsa De Giorgi

Nel periodo che va 1955 al 1958 Italo Calvino ebbe una relazione con l’attrice Elsa De Giorgi, a quel tempo moglie di Sandrino Contini Bonacossi, che disperato si tolse la vita a Washington. I due si incontravano di soppiatto in vecchi alberghi della capitale, lui la chiamava lievito della mia vita, colore della mia retina, profumo, sole, o più teneramente raggio di sole – e le diceva che averla accanto era come camminare alto sopra il mondo, come su un cavallo. Dei due amanti esiste un carteggio conservato dal 1994 nel Fondo Manoscritti di Pavia, e in parte pubblicato dalla stessa donna che voleva dimostrare quanto quella relazione incise sul percorso intellettuale e artistico dello scrittore.

Elsa De Giorgi e Italo Calvino



 

Italo Calvino a Elsa De Giorgi:

Certo, il mio amore per te è nato come una protesta di individualista (e quindi d’altera solitudine) protesta contro tutto un clima mosso da un bisogno profondissimo, ma con un significato generale, una lezione per tutti, di non-rinuncia, di coraggio alla felicità. Come questa lezione si tradurrà nell’opera creativa è ancora da vedersi. Se mi mancasse il tuo amore tutta la mia vita mi si sgomitolerebbe addosso. Tu sei un’eroina di Ibsen, io mi credevo un uomo di Cechov. Ma non è vero, non è vero. Gli eroi di Cechov hanno la pateticità e la nobiltà degli sconfitti. Io no: o vinco o mi annullo nel vuoto incolore. E vinco, vinco, sotto le tue frustate. No, cara, non hai nulla dell’eroina dannunziana, sei una grande donna pratica e coraggiosa, che si muove da regina e da amazzone e trasforma la vita più accidentata e difficile in una meravigliosa cavalcata d’amore Ho la tua lettera dal treno.
Cara, amore ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane Pier Paolo Pasolini è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi,questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato un insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o incontenibile narcisismo, e di gratitudine amorosa. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripiglia non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moti psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve reagire tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro. Sto scrivendo una cosa su Thomas Mann per il Contemporaneo sotto forma di lettera su cosa significa per me il suo atteggiamento d’uomo classico e razionale al cospetto dell’estrema crisi romantica e irrazionale del nostro tempo. Sono temi che ritornano puntualmente nella cultura e nell’arte contemporanea come nella mia vita: il mio rapporto con Pavese, o la coscienza della poesia, il mio rapporto con te, o la coscienza dell’amore.

Italo Calvino