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“La ruota degli esposti” di Napoli

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La ruota degli esposti a Napoli

La ruota o rota degli esposti era una bussola girevole di forma cilindrica, di solito costruita in legno, divisa in due parti chiuse per protezione da uno sportello: una verso l’interno ed un’altra verso l’esterno che, combaciando con un’apertura su un muro, permettesse di collocare, senza essere visti dall’interno, gli esposti, i neonati abbandonati. Facendo girare la ruota, la parte con l’infante veniva immessa nell’interno dove, aperto lo sportello si poteva prendere il neonato per dargli le prime cure.

Spesso vicino alla ruota vi era una campanella, per avvertire chi di dovere di raccogliere il neonato, ed anche una feritoia nel muro, una specie di buca delle lettere, dove mettere offerte per sostenere chi si prendeva cura degli esposti.

La guardia alla ruota dei trovatelli di Gioacchino Toma (1846-1891)

La guardia alla ruota dei trovatelli di Gioacchino Toma (1846-1891)

Per un eventuale successivo riconoscimento da parte di chi l’aveva abbandonato, al fine di testarne la legittimità, venivano inseriti nella ruota assieme al neonato monili, documenti o altri segni distintivi.

In Italia, secondo la tradizione, Papa Innocenzo III, turbato da ricorrenti sogni in cui gli apparivano cadaveri di neonati ripescati dalla reti nel Tevere, istituì una “ruota” nel 1198 nell’ospedale di Santo Spirito in Sassia.

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La ruota degli esposti a Napoli

In Italia con l’influenza francese del napoleonico Regno Italico (1806-1815) sul Regno di Napoli la “Rota proiecti” venne ufficialmente istituita anche nei comuni dell’Italia Meridionale per la tutela pubblica dell’infanzia abbandonata.

Una ruota degli esposti era in realtà già presente a Napoli: quella della Santa Casa dell’Annunziata, di cui esistono documenti d’immissione risalenti al 1601.

Esposito è un cognome italiano, di origine napoletana e di eccezionale interesse storico, in quanto se ne conosce precisamente luogo e data di origine. Esso viene infatti riportato per la prima volta in un documento ufficiale del 1º gennaio 1623. L’origine etimologica del cognome Esposito è ben nota e proviene dalla parola “esposto”, cioè messo nella ruota degli esposti.
Il primo Esposito della storia, come accennato, fu registrato presso l’Ospedale dell’Annunziata il 1º gennaio 1623. Si trattava di Fabritio, di anni due. La ruota funzionò fino al 22 giugno 1875, allorché fu chiusa, ma i bambini continuarono ad essere accolti nel brefotrofio fino al 1980. L’attività della ruota conobbe una sola interruzione, in corrispondenza del decennio francese. Fu allora, infatti, che Gioacchino Murat, considerando quel cognome come un marchio infamante, diede disposizione che i bambini abbandonati non fossero più chiamati Esposito, ma che tutti quelli lasciati nella ruota in un certo giorno ricevessero un nome di fantasia. Da questa consuetudine derivarono numerosi cognomi, e tra i tanti casi se ne ricorda uno particolare del 1862. La parola scelta per quella giornata era Genito, e tale cognome fu attribuito ad uno dei bambini abbandonati. Per un errore di trascrizione, il cognome divenne Gemito, ed al bambino in questione, Vincenzo Gemito, fu attribuito quel cognome. In età adulta, sarebbe diventato uno dei grandi scultori italiani dell’Ottocento.

In Francia e in Italia, dove venivano abbandonati ogni anno dai trenta ai quarantamila neonati, si cominciò a considerare l’idea di abolire la ruota anche per le miserevoli condizioni dei brefotrofi dove morivano per stenti la maggior parte degli esposti.

La prima città in Italia a chiudere la ruota fu Ferrara nel 1867 seguita a mano a mano da altre città in tutto il corso dell’800 sino alla completa abolizione delle “ruote” nel 1923 con il “Regolamento generale per il servizio d’assistenza agli Esposti” emanato dal primo governo Mussolini.

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Il primo Esposito della storia fu registrato presso l’ospedale dell’Annunziata a Napoli il 1 Gennaio 1623. Si trattava di “Fabritio, anni due”.