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Arte

“Pietà” di Giovanni Bellini

Giovanni Bellini, "Pietà", 1465 - 1470 ca. Tempera su tavola, 86x107 cm. Milano, Pinacoteca di Brera

La Pietà (o Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni) è un dipinto tempera su tavola (86×107 cm) di Giovanni Bellini, databile al 1465-1470 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera a Milano.

Giovanni Bellini, “Pietà”, 1465 – 1470 ca. Tempera su tavola, 86×107 cm. Milano, Pinacoteca di Brera

La tavola viene di solito datata a quegli anni in cui la produzione di Giovanni Bellini (cognato del Mantegna) va affrancandosi con decisione dall’influenza di Andrea Mantegna, a cui l’artista era legato da vincoli culturali di interessi comuni e di parentela.



La Pietà segna la conclusione della fase giovanile di Giovanni Bellini. Elementi riconducibili al Mantegna sono ancora presenti nella qualità quasi scultorea dei corpi e nell’accentuato linearissimo (si osservino i capelli di San Giovanni, realizzati con estrema perizia grafica); tuttavia i colori sono più morbidi, attenti al trascorrere della luce sulle superfici dei corpi e sul paesaggio fondo.
Risulta evidente l’interesse per la pittura fiamminga, riscontrabile sia nella resa dei particolari e degli effetti materici, sia nell’intensa pateticità del dipinto. Il dolore espresso dai personaggi è profondissimo e umano. È attonito in San Giovanni, incontenibile in Maria, il cui volto indurito sfiora l’espressionismo; in entrambi, però, domina una mirabile compostezza. L’asprezza e il concreto realismo del Mantegna si trasformano qui in un morbido naturalismo, in accordo emozionale tra figure, paesaggio naturale e osservatore.

Giovanni Bellini, “Pietà”, dettaglio

Sul fronte del sarcofago è posta l’iscrizione ispirata a un’elegia del poeta latino Properzio: HAEC FERE QVVM GEMITVS TVRGENTIA LVMINA PROMANT / BELLINI POTERAT FLERE IOANNIS OPVS, “Se questi occhi gonfi di pianto quasi emettono gemiti, così potrebbe piangere l’opera di Giovanni Bellini”.
Il pittore crea un parallelo tra il dolore dei protagonisti della scena sacra e il pianto dell’immagine dipinta, chiamando a una diretta partecipazione lo spettatore.
In questo modo egli celebra indirettamente la pratica pittorica, capace di imitare il vero appunto da suscitare una reazione emotiva simile a quella prodotta dalla realtà stessa.