Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere (Bertolt Brecht)

Poesia

Dino Campana – La Chimera

Antonio Canova - Amore e Psiche stanti

Antonio Canova - Amore e Psiche stanti

Antonio Canova – Amore e Psiche stanti

 

Non so se tra roccie il tuo pallido
Viso m’apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine
Suora de la Gioconda:
O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori
O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema
Di voluttà e di dolore
Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la Melodia:
Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.
Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti
E l’immobilità dei firmamenti
E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l’ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.

Dino Campana
La Chimera
Canti Orfici (1914) –  Pagine manoscritte originali
della prima stesura del 1913

Dino Campana (Marradi, Firenze, 1885 – Castel Pulci, Firenze, 1932), figlio di un maestro elementare, dal 1903 studia chimica a Bologna e poi a Firenze, ma nel 1907 è ricoverato nel manicomio di Imola per disturbi psichici. Conduce una vita errabonda, con lunghi viaggi in Europa e (forse) in Argentina, finendo anche in carcere per la condotta irrazionale e sregolata. Nel 1913, a Firenze, consegna a Giovanni Papini e Ardengo Soffici la sola copia manoscritta dei suoi versi – Il più lungo giorno – che però va perduta (verrà ritrovata fra le carte di Soffici nel 1971); nel 1914 riscrive a memoria tutto il canzoniere, che fa stampare a sue spese (vendendone personalmente le copie), col titolo Canti orfici, poi ripubblicato in numerose edizioni. Tra il 1916 e il 1918 ha una tempestosa relazione amorosa con la poetessa Sibilla Aleramo. Nel 1918 è di nuovo ricoverato in ospedali psichiatrici, a Firenze e poi a Castel Pulci, ove resterà fino alla morte.