Tre “scherzi di natura”: a sinistra, il nano Rodomonte (Amon), a destra, il buffone Pietro (Matto) e, al centro, in maggiore evidenza, “l’uomo peloso”, ovvero Arrigo Gonzalez. Tutti personaggi reali, storicamente documentati alla corte del cardinale Odoardo Farnese a Roma alla fine del Cinquecento. Arrigo, la principale attrattiva, era un selvaggio delle Canarie inviato ad Odoardo nel 1595 da suo fratello Ranuccio, duca di Parma. Il suo caso venne catalogato dal celebre naturalista bolognese Ulisse Aldrovrandi che dedicò ad Arrigo e al padre Pedro Gonzalez un passo e una illustrazione xilografica nella sua Monstruosum historia . Lo spirito che anima questo dipinto sembra essere in sintonia con gli intenti parascientifici delle ricerche dell’Aldrovrandi, proprietario di una delle più importanti collezioni di rarità botaniche e zoologiche del Cinquecento.
Gli animali che Agostino raffigura nel dipinto non sono affatto scelti in maniera casuale, ma si pongono in stretto rapporto con i personaggi cui si accompagnano. La scimmia, ad esempio, è un animale molto prossimo all’uomo, capace di imitarne gli atteggiamenti, e iconograficamente può indicare la sapienza. Agostino la raffigura in una posa molto umana in contrasto con la testa del matto. Anche il pappagallo, con la propria voce, si avvicina all’uomo, mentre i cani ne sono i migliori amici. Le scimmie e il pappagallo, poi, sono bestie esotiche, proprio come il selvaggio delle Canarie.
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